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Dott. Andrea Pinna

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Dopo aver conseguito la laurea Triennale in scienze e tecniche psicologiche nel 2016 e la specialistica in psicologia dello sviluppo e dei processi socio-lavorativi, dal 2018 esercito come psicologo ad orientamento breve strategico, con particolare attenzione ai disturbi d’ansia, fobie e ai disturbi ossessivo-compulsivi.

Dal 2023 sono psicoterapeuta in formazione presso il Centro di Terapia Strategica (CTS) di Arezzo, fondato nel 1987 dal prof. Giorgio Nardone e considerato da oltre 30 anni il più importante istituto di formazione e di ricerca nell’ambito della terapia breve in Italia

Il modello di terapia breve strategica

L’approccio breve strategico sviluppato nel centro di terapia strategica di Arezzo si basa sull’applicazione di protocolli per il trattamento di disturbi mentali specifici – soprattutto i disturbi fobico-ossessivi e i disturbi dell’alimentazione – con esiti di elevata efficacia ed efficienza, scientificamente riconosciuti come i più rilevanti in ambito psicoterapeutico (l’87% dei casi risolti con una durata media di sette sedute).

L’idea centrale è stata quella di sviluppare, a partire da modelli generali di terapia, protocolli specifici di trattamento per patologie particolari, ossia sequenze rigorose di manovre terapeutiche dal potere euristico e predittivo, capaci di guidare il terapeuta ricorrendo all’uso di particolari stratagemmi terapeutici, per spezzare la specifica rigidità patologica del disturbo o del problema presentato.

Seguendo questo primo cambiamento significativo, i protocolli sono stati progettati in modo da guidare i pazienti a riorganizzare il proprio sistema percettivo-reattivo verso un equilibrio più funzionale. L’obiettivo di questa ricerca lunga e laboriosa, applicata a centinaia di casi lungo un periodo di oltre dieci anni, era quello di identificare le modalità più adeguate per risolvere ognuno dei problemi specifici studiati
Tutto ciò ha condotto pure a nuove assunzioni sulla struttura e le procedure di problem solving e le tecniche legate alla relazione terapeutica e il linguaggio. Questi protocolli sono stati sviluppati includendo tecniche specifiche sulla strategia, il linguaggio e la relazione terapeutica per ciascun disturbo o problema studiato.
Questi protocolli sono rigorosi ma non rigidi, poiché sono adattabili alle risposte o agli effetti ottenuti con gli interventi introdotti – proprio come in una partita a scacchi dove, dopo la mossa d’apertura, le mosse successive dipendono dal gioco dell’avversario.

In una partita a scacchi, se il giocatore riesce a trovare mosse che svelano la strategia dell’avversario, allora è nella condizione di tentare una sequenza formalizzata che condurrà allo scacco matto.

Lo stesso accade nella terapia: se un intervento riesce a svelare la modalità o la persistenza di un disturbo specifico, il terapeuta può elaborare un protocollo di trattamento specifico che condurrà infine alla soluzione del problema presentato.
Nella psicoterapia breve strategica, la valutazione dell’esito non viene formulata al termine della terapia, ma a ogni fase del processo terapeutico. Come in matematica, cerchiamo tutte le risposte possibili a ciascuna manovra, per poi verificarle tramite procedure sperimentali empiriche. Tale metodologia permette di restringere le risposte possibili (a un massimo di due o tre per ogni intervento), consentendoci di predisporre la mossa successiva per ciascuna risposta possibile.

Così procediamo ottenendo una valutazione degli effetti e del potere predittivo per ogni singola manovra, e non solo per il processo terapeutico complessivo. La ricerca applicata al lavoro ha consentito di identificare una serie di modelli specifici di interazione rigida fra il soggetto e la realtà. Questi modelli hanno condotto all’insorgenza di tipologie specifiche di disturbi psicologici, che vengono mantenuti dalla reiterazione di tentate soluzioni disfunzionali.

Questo conduce alla formazione di ciò che chiamiamo «sistema di percezioni e reazioni» patogenico, ossia un’ostinata perseveranza nel ricorrere a strategie che si presumono efficaci e che hanno funzionato per problemi simili in passato, ma che ora non fanno che mantenere il problema.

Quindi il modello evoluto dell’approccio strategico va oltre le classificazioni nosografiche della psichiatria e della psicologia clinica adottando un modello di classificazione dei problemi in cui il costrutto «sistema percettivo-reattivo» sostituisce le tradizionali categorie della patologia mentale.

Alla luce di queste assunzioni epistemologiche, ci sembra essenziale formulare quella che chiamiamo diagnosi «operativa» (o «diagnosi-intervento») nella definizione di un problema, anziché una diagnosi meramente «descrittiva». Le prospettive descrittive come quelle del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) e gran parte dei manuali diagnostici propongono un concetto statico del problema, una sorta di «fotografia» che elenca tutte le caratteristiche essenziali di un disturbo. D’altra parte, questa classificazione non fornisce alcuna indicazione operativa sul modo in cui il problema funziona o sulla sua soluzione.

Per descrizione operativa intendiamo un tipo di descrizione cibernetico-costruttivista della modalità di persistenza del problema, ossia come il problema si autoalimenti attraverso una complessa rete di retroazioni percettive e reattive tra il soggetto e la realtà personale e interpersonale. Sulla base di tali premesse, l’unico modo per conoscere una realtà è intervenire su di essa, poiché l’unica variabile epistemologica che possiamo controllare è la nostra strategia, ossia le nostre «tentate soluzioni». Se e quando una strategia funziona, ci permette di comprendere come il problema si è mantenuto. Giungiamo a comprendere un problema introducendo un cambiamento: come suggerisce il titolo di questo libro, cambiare per conoscere

Bibliografia

Dott. Andrea Pinna

Psicologo

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Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Sardegna col n. 3070 dal 26/05/2018

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